Sappiamo chi siamo? Ci conosciamo davvero? Siamo dunque noi a fare circolare il sangue, veramente? Se siamo noi, dovremmo anche sapere come, no? E siamo sempre noi a regolare la nostra pressione arteriosa? Sappiamo come farlo? Risponde alla nostra volontà? No? E cosa risponde alla nostra volontà? Sappiamo afferrare una penna e scrivere il nostro nome e ci pare facile. Ma quale sequenza di comandi va data a muscoli e tendini e ossa? Sapremmo descriverlo? Allora, se il nostro corpo è un servitore sconosciuto, cosa ci rimane? Siamo forse pensiero? Ma sappiamo spiegare come un cervello genera un pensiero? Non sappiamo neanche questo. Conosciamo forse i pensieri, le emozioni, la notte dell’inconscio che abita sotto di noi? E allora quanti sono i noi? Quanti re per un solo trono? Ecco allora che appena proviamo a ragionare di lui, l’io scompare, come un’ombra, che cercassimo di vedere meglio, illuminandola. Allora io sono tutto questo e anche di più. La scimmia che si siede sul trono e che mi racconta di essere me stesso è un impostore, un truffatore, un giullare. Un pazzo che ripete all’infinito “io, io sono io”. Allora io sono qualcosa di vasto, ben più ampio di quello che credo. Io sono una unità, solo parzialmente cosciente di sé. Non conosco i miei veri confini. Se non ho coscienza di parti di me che sono innegabilmente mie, perché non pensare che altre parti riescano ad arrivare a confini che non posso neanche immaginare?
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